Famose nel mondo le terrecotte del Museo di Capua per il
loro rilevante interesse archeologico e per la grandissima
varietà dei tipi.
Sono divise in due gruppi: le architettoniche e le votive
e figurative.
Le votive sono la testimonianza della fervida attività
religiosa che animava i popoli campani nell'antichità;
generalmente avevano due destinazioni: o venivano offerte
dai fedeli nei santuari, oppure erano deposte nelle tombe
come corredo funerario accanto al morto.
Sono preziosi documenti della vita antica, dell'arte, della
religione, del costume. Sono in alcuni casi l'unica testimonianza
di determinati culti, rilevando il tipo del simulacro della
divinità o rappresentando forme caratteristiche dei
simboli ed attributi che si riferivano all'idolo.
In nessun altro sito come a Capua sono state rinvenute tante
iscrizioni in lingua osca su pilastrini di tufo o fittili
detti iuvilas (visibili a richiesta). Vario e molteplice è
il loro significato e la loro destinazione. Infatti, fanno
riferimento a sacrifici relativi a culti gentilizi collegati
sia alle nascite, che alle morti, con valore protettivo.
SALA XVI
Statue fittili di considerevoli dimensioni offerte quali "ex
voto" nei santuari dell'antica Capua.
Da notare: al centro della sala (31) una "figura muliebre
su trono con bambino sulle ginocchia" del II sec. a.C..
Sulle mensole a parete: un busto femminile (32) del sec. III
a.C. che ha nella mano sinistra una melograno. Una figura
giovanile tunicata di offerente (33) con uova e melograno,
del IV sec. a.C.. Un "dioscuro con pilo e clamide (34)
del sec. III a. C..
SALA XVII
Una bacheca centrale raccoglie mascherette e placchette fittili
di epoche diverse ed oggetti di decorazione come rosette,
palmette e cavallucci marini. Nelle vetrine e sulle mensole
la collezione delle "teste" e dei busti "ex
voto" fittili dedicati alle divinità dei santuari
di Capua preromana.
Le "teste" assolvevano la funzione di "ex voto"
e la loro produzione va dagli inizi del V alla fine del II
sec. a.C ., documentando il gusto e la cultura del "periodo
sannitico" che fu "di particolare rilievo nella
storia dell'antico centro campano".
Da notare: Testa femminile (35) con "polos" (copricapo)
del V sec. a.C. che richiama schemi artistici etruschi e presenta
caratteri stilistici marcati e unici. Testa femminile (36)
che in tutta la collezione si presenta con un'unica variante.
ll rendimento stilizzato si addolcisce per l'espressione sorridente
del volto e per la capigliatura estrosa: é del sec.
IV a.C.. Altro esemplare (37) del IV sec. a.C. eseguito senza
impiego di matrici: il volto ha lineamenti caratteristici,
gli occhi sono disegnati con incisioni concentriche, la bocca
é sottile, orecchie aderenti al cranio, naso lungo
ed appuntito. Testa maschile (38) del tipo satiresco di età
ellenistica atteggiata a sorriso; reca sul capo una corona
di foglie di edera ed al centro un largo fiore. Del III sec.
a.C. una testa di giovanetto (39) eseguita completamente a
stecca; la capiglitura si dispone in frangia sulla fronte
e sul retro cade a zazzeretta sulla nuca; la scioltezza delle
forme conferisce un rendimento stilistico notevole che lo
pone tra i pezzi rari della collezione.
SALA XVIII
Terrecotte rappresentanti figurine e gruppi umani di vario
soggetto e lastrine a figure umane.
Servivano come dediche votive, come corredo funerario, come
giocattoli.
Realistiche figure di genere, il pregio principale é
la mirabile vivacità e la fantasiosa varietà
di atteggiamenti. La loro produzione é racchiusa in
un ampio arco che può definirsi dal VI al I sec. a.C..
Elevatissimo è il numero delle figure femminili di
piccola dimensione che richiamano quelle greche di Tanagra
e perciò sono conosciute con il nome di tanagrine.
Importanti per la conoscenza dell'arte e del costume antico
hanno attinenza con il culto bacchico e a volta sembrano rappresentare
delle Menadi o delle offerenti.
Alcuni esemplari per la loro raffinatezza e morbidezza risentono
della migliore tradizione greca, altre invece per la positura
più rigida e schematica denunziano chiari segni di
stile italico. Prodotte presumibilmente nelle botteghe di
coroplastica operanti presso i santuari di Capua vanno fatte
risalire, cronologicamente tra la fine del IV° e III°
a.C.
Soggetto unico nel suo genere in tutta la collezione delle
terrecotte del Museo a quella votiva dell'atleta colto nel
momento critico della "capriola" o "balzo in
piedi da terra" non solo denunzia nel suo plastico realismo,
la bravura dell'orefice nel tempo in cui l'idolo agonistico
trovava la sua massima espressione nelle periodiche grandi
feste sportive di origine sacrale.
Sono da considerarsi pezzi rari: una "tabella" votiva
(40) raffigurante il mito di Ganimede rapito dall'aquila,
opera eseguita tra il 350 e il 330 a.C.. Una statuetta fittile
(41) rappresentante un: "Crioforo", pastore con
l'ariete sulle spalle, in atteggiamento spontaneo e parzialmente
vestito di mantello. La terracotta é l'unico esemplare
del tipo che sia stato restituito dal suolo di Capua antica.
Tre statuine (42) di figure femminili in atto di danza del
sec. III a.C. sono tipologicamente le uniche della raccolta
e pertanto considerate come rarità.
Oggetto di accurate e lungo studio da parte dell'archeologa
svedese è la collezione di "bambini votivi"
che sembra avere solo a Cipro un'omologa presenza. Essi rivestono
una doppia importanza sia sul piano storico-artistico che
su quello culturale. L'indagine ancora in corso tende appunto
ad individuare l'eventuale divinità alla quale erano
dedicati così come a metterne in luce le loro peculiarità
stilistico-tipologiche.
SALA XIX
Terrecotte riproducenti figurine di soggetto non umano, tempietti
fittili e arule.
Uno dei vanti del Museo è costituito dalla presenza
in esso di modellini in terracotta di edifici templari etrusco-italici
offerti come ex voto dai fedeli negli antichi santuari dell'Italia
tirrenica. Essi risalgono ad un periodo che va dal VII al
I secolo avanti Cristo.
II folto gruppo di manufatti é molto vario; prevale
per la quasi totalità il significato religioso e raffigurano
animali, fiori, frutta e parti del corpo umano che venivano
offerte alle divinità come doni propiziatori.
AI centro della sala una bacheca esagonale a due piani.
Nel piano inferiore manufatti di pietra testimoniano l'epoca
neolitica e quella eneolitica in Terra di Lavoro. Punte di
frecce, di lancia, raschiatoi e frammenti sui quali é
evidente l'impronta del lavoro umano.
Di estremo interesse (43) una ascia piatta dal taglio ricurvo
e con due fori per l'attacco del manico.
Sul piano superiore una raccolta di statuine egizie, di non
trascurabile valore e di rilevante significato culturale,
prodotti d'importazione ed oggetti in osso e avorio lavorati.
Essa è costituita da 25 pezzi e più precisamente
da 14 maioliche, 7 bronzetti, balsamari in pasta vitrea ed
un frammento di scultura in granito.
Essi sarebbero stati donati dalla famiglia Panceri o pervenuti
al Museo per merito di anonimi elargitori o ricavati da scavi
archeologici effettuati in area italiana se non capuana.
Alcuni bronzetti rappresentano fra l'altro Osiride, re degli
dei, Apis, Antinoo e risalgono al IV° o V° secolo
a.C.. I balsamari si riconnettono, sul piano stilistico, alla
"bottiglia lentiforme", adoperata per contenere,
appunto, balsami, unguenti, profumi e simili.
Osiride: La statua è di epoca tardofaraonica o telematica.
Il dio regge con la destra il pastorale che simboleggia la
guida e con la sinistra lo staffile emblema della punizione.
Osiride era in origine ritenuto un dio agrario che presiedeva
alla fecondità e poi signore dell'Aldilà, venne
identificato col faraone defunto. In epoca imperiale venne
associato nella sua funzione e dimensione agraria al Nilo
venerato anche a Napoli e Capua.
Iside: La statuina in bronzo è raffigurata nell'atto
di allattare il bambino Artocrate. La dea ha sul capo una
parrucca triparta con un cobra sulla fronte e un disco solare
fra le corna bovine. Assimilata alla dea dell'amore e della
fecondità divenne l'immagine della grande Madre patrona
della navigazione e dispensatrice di benessere per tutte le
creature e loro protettrice contro le forze avverse del Destino.
Venerata a Capua nel II sec. a.C. una sua immagine fu collocata
su un ingresso dell'Anfiteatro Campano.
Da notare (44) una "placchetta" in avorio di epoca
incerta (IV sec. a.C.) con figura umana finemente incisa. | |